Reperti eterogenei dalla preistoria alla tarda antichità
La collezione archeologica Lotti è stata acquisita dal Comune di Fucecchio, su suggerimento della direzione del Museo civico e grazie all’accordo raggiunto con l’avvocato Adriano Lotti e i suoi eredi.
L’acquisizione svolge, all'interno del Museo, una funzione complementare, anche dal punto di vista didattico, alla sezione archeologica, permettendo al visitatore di allargare lo sguardo oltre le documentazioni locali per conoscere i prodotti in ceramica circolanti nell’area tirrenica antica e da questi comprendere fenomeni storici di più ampia portata.
Formatasi a Fucecchio, per iniziativa della famiglia Lotti, con materiale proveniente da aree esterne al Valdarno, la collezione documenta alcuni interessanti momenti delle produzioni ceramiche etrusche e dei rapporti commerciali mediterranei, nel lungo periodo che va dal VII secolo a.C. al V secolo d.C..
Tra queste è da ricordare il nucleo di ceramica italo-geometrica, prodotta a Tarquinia o a Vulci tra l’VIII e i primi decenni del VII secolo a.C., con la tipica decorazione ispirata alle contemporanee produzioni greche dell’Eubea. I vasi etruschi in bucchero furono invece prodotti indifferentemente a Vulci, Chiusi, Orvieto e Tarquinia tra la fine del VII e la prima metà del VI sec. a.C..
Di estremo interesse sono le due olpai etrusco-corinzie, utilizzate per contenere vino e prodotte a Vulci tra il 630 e il 540 a.C., e ispirate alle ceramiche importate in Etruria da Corinto. Il nucleo di ceramiche a vernice nera esemplifica il vasellame da mensa più diffuso in Italia e nel Mediterraneo occidentale, tra IV e I secolo a.C., prodotto da moltissime officine su imitazione dei prodotti attici.
Un’anfora del V secolo d.C., prodotta nell’attuale Tunisia, era utilizzata per il trasporto marittimo di olio o salsa di pesce della provincia, ed è un tipo diffuso in tutto il Mediterraneo. Tra i bronzi, si segnalano infine due esemplari di produzione egizia: il pendente con la testa della dea Sekhmet e la singolare statuetta della dea Iside nell’atto di allattare il figlio Horus, databili tra il 600 e il 300 a.C..
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